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Regolamenti degli Ascritti

La genesi dei “Regolamenti” e delle
“Costituzioni” per gli Ascritti Rosminiani.

Nel grande progetto pensato da Antonio Rosmini della “Società della Carità” è sempre stato presente un respiro universale che desse la possibilità a qualsiasi persona, anche non legata ad essa da una specifica professione religiosa, di condividere lo stesso fine e gli stessi doni. Pensò quindi ad una forma particolarissima che chiamo «Ascrizione».

In una lettera da lui scritta a Don Giambattista Pagani, superiore in Inghilterra, del 24 gennaio 1841, così spiegava: «Lo spirito dell’ascrizione consiste in due cose: 1° unione dei cattolici per stimolarsi scambievolmente ed aiutarsi a praticare la legge di perfezione insegnataci dal nostro Signor Gesù Cristo, affinché tutti i cattolici vivano uniti insieme coi più stretti vincoli di carità … 2° esercizio della carità universale, secondo le parole di S. Paolo (Fil 4,8), ed inesausta, secondo le parole del Cantico dei Cantici (Ct 8,7); ma senza sforzo alcuno, con libertà di spirito e di volontà, non obbligando nessuno a niente di determinato, ma lasciando che ognuno operi secondo il suo spirito nel Signore, e noi coltivando con allegrezza tutti gli spiriti buoni, affinché ogni vivente dia lode al Signore» (Cfr. Epistolario completo, Lettera 4177, vol. VII, p. 537-538).

L’esperienza giovanile delle numerose “Società cattoliche” sorte al suo tempo e della stessa Società degli Amici da lui fondata fin dal 1819, gli aveva fatto comprendere bene quanto fosse preziosissima «l’unione dei buoni». Già negli “Statuti” di questa al primo numero presentando il fine diceva: «Rendere tutti gli uomini amatori della religione cattolica, e desiderosi di promuoverla per mezzo di essa stessa Società»; e in una lettera in cui inviava la sua Istruzione prima a Giovan Pio Dalla Giacoma nell’ascriverlo alla Società il 4 settembre 1820 commentava: «Lo spirito di lei richiederebbe perciò tutti i suoi membri perfetti, desiderando molto più in se stessa quanto studia promuovere in altri. Il perfetto cattolico poi è quegli che tenta ogni cosa alla perfezione propria e altrui. Questa obbligazione speciale forma il membro della società». Ma fin dall’inizio un pensiero lo faceva riflettere molto e lo comunicò proprio ai primi due compagni, Giuseppe Bartolomeo Stoffella e Sebastiano De Apollonia, con i quali il 27 settembre 1819 dava inizio alla Società degli amici: «Miei cari, dice, noi pensiamo tanto per gli altri; ma e per noi?…».

Quasi dieci anni di esperienze lo convinsero che tale Società non bastava e quando, ormai giunto al Sacro Monte Calvario di Domodossola, agli inizi della quaresima del 1828 su ispirazione della Provvidenza si avvia a fondare una Congregazione religiosa, scriveva all’amico De Apollonia il 5 marzo 1828: «… Ma vi è un passo della vostra lettera, che pare scritto da un luogo recondito, nel quale nulla si sappia di quanto accade sulla terra; vi è un passo quasi fatidico, ed è quello ove dite: “e porterò Lei in qualche sito, dove soli soletti riprenderemo in esame le forme degli antichi”.
Voi non mi porterete, ma io vi precederò in questo luogo: anzi vi ho già preceduto. Leggete la data di questa lettera, e poi negate che io non sia l’uomo stesso del 27 settembre 1819. In quel giorno, dopo che abbiamo sottoscritto ciò che di tre doveva formare per sempre una sola vita, uno spirito solo, io dissi ai miei due compagni queste parole: Miei cari, noi pensiamo tanto per gli altri: ma e per noi stessi? - Quelle parole parvero raffreddare il fuoco che si accendeva: ma poiché erano vere, così io non le ho mai più dimenticate; forse che, tardi, ma forse ora quel seme, dopo nove anni, marcisce, forse ora il Signore lo feconda. Forse il patto, che abbiamo stretto allora, di pregare ogni giorno scambievolmente, è stato più efficace che tutti i nostri ingegnosi provvedimenti, non scevri, può essere, di vanità.       
Insomma, io sono su questo Monte della salute fino dal principio di questa Quaresima, fatta anche dal Signore innanzi alla sua predicazione, per partecipare della misericordia che esce da quel digiuno del Signore. Ah n’esca in copia, e ne empia il mondo, ed io non la rigetti da me! È pur questo, che ora vi rammento, il nostro patto, di pregare cioè unanimemente, perché ora più che mai ne ho bisogno». Molti avvenimenti degli anni 1819-1827 cessavano di essere frammentari e disordinati, per prendere invece un’intonazione e un colore unico, acquistando nuovo valore e una nuova bellezza spirituale nel nascente Istituto Religioso.

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La precedente esperienza non fu per nulla inutile ma confluì fruttuosamente nella nuova “Società della Carità” prevedendovi anche alcune forme di appartenenza già sperimentate: «Allo stesso modo, avviene che la Società, oltre a questi figli d’adozione, abbia pure talune altre persone di buon credito (secondo genere di persone ausiliarie) le quali, senza nessuna professione di vita più perfetta, subiscono soltanto la prima prova e mostrano di voler aderire alla Società nel Signore, con mutuo affetto e vicendevoli servizi e meriti, e desiderano d’essere ad esso ascritti» (Costituzioni dell’Istituto della Carità 14). Ed ancora: «Nella Società, infatti, alcuni abbracciano lo stato religioso, e questi sono i presbiteri della Società e tutti i coadiutori. Altri, cioè quelli tra i figli della Società che ancora vivono nel secolo, entrano solo in parte nella via della perfezione, cioè soltanto con lo spirito. Gli ascritti poi procedono lungo la via comune di tutti i cristiani, senza però disprezzare la vita religiosa, anzi onorandola debitamente negli altri, e tendendo a quella pienezza della carità che tutti i cristiani devono perseguire, secondo la grande vocazione a cui Cristo li ha chiamati con quelle parole: “Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5,48) e quelle altre: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente” (Mt 22,37)» (Costituzioni …, n. 24).

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Avviata questa esperienza, dopo aver scritto le Costituzioni e aver tratto da queste una serie di regole per i Religiosi, pochissimi anni dopo nel 1833 preparò un testo proprio per gli Ascritti le «Regole comuni degli Ascritti all’Istituto della Carità sotto la invocazione di Gesù paziente e di Maria Addolorata». Ma poiché l’Istituto non aveva ancora ottenuto l'approvazione della Santa Sede, le mantenne solo in forma manoscritta in un “Codex Regularum” in cui riportava istruzioni a fratelli inviati in qualche missione, oppure regole particolari da applicarsi in qualche casa dell’Istituto o in tutto l’Istituto da persone addette a particolari incarichi tali regole venivano poi riportate in bella copia e consegnate ai diretti destinatari.

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Nel settembre 1839 la Santa Sede riconobbe e approvò pubblicamente la nuova Congregazione dell’Istituto della Carità e già due anni dopo, nel settembre 1841, Rosmini scrisse e pubblicò le «Costituzioni dell’Ascrizione all’Istituto della Carità».

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L’anno successivo, il 1842, rivide anche le “Regole”, dandogli un assetto definitivo e curandone la prima edizione a stampa a Novara presso la Tipografia Vescovile di P. Alberto Ibertis con il titolo: «Regole comuni degli Ascritti all’Istituto della Carità». Alle Regole fece seguire le Massime di perfezione cristiana adatte ad ogni condizione di persone, un Metodo di meditare, che era un compendio e semplificazione della Ottava lezione spirituale, che spiegava appunto la meditazione, un Metodo per esaminare la propria coscienza ed una breve Appendice che aveva già inserito nella prima edizione del 1830 delle Massime di perfezione, contenente una brevissima esortazione: «Vita cristiana in quattro parole: Fare, Tacere, Patire, Pregare» e la «Preghiera di S. Tommaso d’Aquino per il conseguimento delle virtù».

Morto Rosmini, una seconda edizione venne fatta ad Intra nel 1896, e quindi una terza leggermente ritoccata e riordinata con l’aggiunta di titoletti che dividevano le Regole in capitoli, venne fatta a Rovereto nel 1929.

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Questo ultimo rimase a lungo testo inalterato e riferimento fondamentale per la vita degli Ascritti, ma gli eventi ecclesiali e la lenta rivalutazione della persona e del pensiero di Rosmini, spinse a rivedere anche la figura degli Ascritti e dei “Figli Adottivi”. Il Secondo Capitolo Generale Speciale del 1980-1981 ne rimeditò profondamente la natura anche alla luce dei molti documenti della Chiesa sui laici a partire dal Concilio Vaticano II in poi, dedicandovi un intero capitolo (nn. 301-316) affermando tra l’altro nella premessa: «All’interno del nostro Istituto, la riflessione che in questi ultimi anni si è andata approfondendo sul nostro carisma specifico e sulla natura, il fine e lo spirito dell’Istituto, ha portato a cogliere meglio il risalto che il Padre Fondatore dà agli Ascritti e quindi alla loro appartenenza in senso vero e proprio all’Istituto …» (n. 302).

In conseguenza di quanto stabilito da quel II Capitolo Generale Speciale, nella Provincia Italiana dove di fatto vi era il maggior numero di Ascritti, la questione fu seriamente affrontata nel Quarto Capitolo Provinciale dell’estate 1982 – il cui scopo era l’attuazione dei Decreti del II Capitolo Generale Speciale – con la partecipazione per la prima volta in qualità di osservatori anche di alcuni delegati in rappresenta di Ascritti e Figlie Adottive. Nel documento finale vi dedicò l’intero capitolo ottavo (nn. 116-135) in cui al n. 134 si dichiarava: «Si provveda all’aggiornamento delle Regole per gli Ascritti; e si curi la stesura d’una traccia di itinerario formativo» e si auspicava che una commissione guidata dal Padre Provinciale studiasse la figura e la natura delle “Figlie adottive” come pure quella di “Consacrate Laiche”. Le medesime indicazioni vennero poi riprese anche dal Quinto Capitolo Provinciale del dicembre 1987 ai numeri 38-39.

Al Sesto Capitolo Provinciale del luglio-agosto 1991 lo studio e la preparazione dell'aggiornamento delle Regole era pronto e ai numeri 53-56 del documento finale viene auspicata la sua conoscenza ed applicazione. Questo lavoro venne approvato dal Padre Generale e dal suo Consiglio l’8 aprile 1992 e quindi fu pubblicato il nuovo testo col titolo «Regolamenti per gli Ascritti della Società della Carità (Rosminiani)» senza tuttavia risolvere la posizione delle “Figlie adottive”.

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Lo sviluppo e l’attenzione all’Ascrizione andò via via crescendo con una presa di coscienza anche di tutte le altre provincie dell’Istituto e divenne oggetto di attenzione anche della Congregazione Generale del 1998, la quale nelle sue “Decisioni” dedicò l’intero paragrafo “C” richiamando la conoscenza e la pratica dei “Regolamenti” del 1992 e progettando la «Prima Assemblea Generale degli Ascritti Rosminiani» (AGAR) per l’anno 2000. Anche l’Ottava Congregazione Provinciale Italiana fece sue le decisioni della Congregazione Generale anche per quando riguardava gli Ascritti ribadendo però la necessità di una migliore chiarezza sull’identità dei Figli e delle Figlie Adottive.

L’anno 2000 vide la realizzazione di AGAR in cui la presenza di Ascritti da tutte le aree dell’intero Istituto favorì la coesione tra di loro e auspicò una maggior comunione tra Religiosi, Religiose (Suore Rosminiane) e Ascritti, favorendo la comunicazione e la condivisione soprattutto nella dimensione Spirituale.

Altro evento fondamentale fu nel 2003 l’«Assemblea Generale della Famiglia Rosminiana» (AGIR) che vide la partecipazione paritetica di Padri, Suore e Ascritti e nel “Documento finale”, tra le iniziative, riguardo gli Ascritti, si propose «l’esigenza di un ulteriore chiarimento dello “status” dell’ascritto [per il quale si raccomanda la rilettura dei “Regolamenti”, anche in vista di un aggiornamento della parte IX, riguardante l'organizzazione]».

 Anche la successiva Nona Congregazione Provinciale Italiana del gennaio 2005 riprese il tema interrogandosi se le allora vigenti disposizioni riguardanti gli Ascritti offrivano una adeguata risposta alla concreta situazione ecclesiale e civile; propose una revisione della parte relativa all’organizzazione e partecipazione degli Ascritti indicandone punti che una commissione ristretta avrebbe dovuto studiare e sviluppare. Il Padre Generale avocò a sé e al suo Consiglio tale lavoro che portò alla revisione dei Regolamenti.

Il 15 maggio 2006 il Padre Generale con il suo Consiglio approvarono la revisione dei “Regolamenti”, rifacendo integralmente la Parte Nona e definendo la questione dei Figli e delle Figlie Adottive, riservando il titolo di Figli Adottivi a quanto prescritto dalle Costituzioni e costituendo formalmente per tutti gli altri casi il “Sodalizio degli Ascritti Consacrati dell’Istituto della Carità” di cui stabiliva la Regola.

Questi nuovi «Regolamenti per gli Ascritti della Società della Carità (Rosminiani)» con in appendice la «Regola del Sodalizio degli Ascritti Consacrati dell’Istituto della Carità», sono stati promulgati l’8 gennaio 2009.

 


Continua 2009: “Regolamenti per gli Ascritti della Società della Carità” - Testo vigente
con “Regola del Sodalizio degli Ascritti Consarati dell'Istituto della Carità”


Edizione attuale vigente Continua
Continua 1833: Regole comuni degli Ascritti all'Istituto della Carità
sotto la invocazione di Gesù paziente e Maria Addolorata


Dal manoscritto “Codex Regularum” Continua
Continua 1841: Costituzioni dell'Ascrizione all'Istituto della Carità
Continua 1842: Regole comuni degli Ascritti all'Istituto della Carità
Prima Edizione 1842 - Seconda Edizione 1896 - Terza edizione 1929 
Continua

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