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2.1. Apertura

 
Il Collegio – Convitto
e i Padri Rosminiani
1837 – 1872
 

1. Apertura

Foto dell’autentica Autorizzazione Governativa del 5
settembre 1837 per l’apertura del Collegio - Convitto

Anno scolastico 1837-838. Rosmini è a Domodossola. Egli stesso inaugura la nuova opera con la maggior possibile solennità religiosa.

Semplicemente egli ne dà avviso al Card. Morozzo ve-scovo di Novara: «Oggi si è aperto il Collegio Mellerio, che provvisoriamente verrà diretto da D. Giacomo Molinari».

Di solennità esterne non si parla e non ne è rimasta me-moria. Era bene, del resto, che prima del tripudio si mostrasse il lavoro. Nello spirito e nella lette-ra di Rosmini è sempre scritto: «Non abbiate fretta di rendere famoso l’Istituto».

Rosmini aveva già organizza-to quello che credeva immediata-mente utile, e aveva in animo di fare ben altro ancora: dagli in-dividui, alle scuole, al Convitto, all'Amministrazione, a tutto in-somma. Quest’opera diveniva pupilla dei suoi occhi, basterebbe leggere il decreto (Allegato 2A) con il quale da inizio all’opera e nomina i religiosi del suo Istituto che dovevano condurla.

I primi religiosi furono i seguenti: don Giacomo Molinari: commissario della fondazione - prefetto degli studi; don Carlo Narchialli: direttore spirituale; don Felice Rusca: procuratore del collegio (abitava al Calvario); don Clemente Alvazzi: maestro di grammatica maggiore; suddiacono Luigi Bertacchi: prefetto di camerata, bibliotecario del Collegio; Giacomo Lugan: vice-prefetto di camerata, guarda-robiere, assistente al procuratore; Pietro Cesana: bidello delle scuole, portinaio, dispensiere, refettoriere; Lorenzo Falcioni: provveditore, commesso, ufficiale di casa; Angelo Rocci: cuoco; Carlo Bersano: sostituto cuoco. Gli inscritti alle scuole furono 71, dei quali cinque convittori.

In fatto di organizzazione, Rosmini era mente acuta, comprensiva e lungi-mirante. Nell'esecuzione, esigente, preciso, e senza ambagi. Accettata un’opera di carità e stabiliti i criteri di azione, tutti dovevano collaborare con ogni energia. Il suo epistolario è denso di consigli, di ordini, di incoraggiamenti e di critiche. Taluno disse Rosmini un teorico: costui non ne ha conosciuta la vita e le multiformi attività.

Già nell’ottobre del 1831, quando aveva incaricato il Molinari della temporanea direzione spirituale delle scuole, gli aveva lasciato, in iscritto, sapienti norme. Ora ne aggiungeva altre e formeranno un primo indirizzo per i Prefetti dei convittori. A Don Clemente Alvazzi, che seguiva più che mai, poteva ricordare quanto già gli aveva scritto nel 1835 e quanto pochi mesi prima; veri, minuti indirizzi pedagogici.

Chi teneva informato il Conte delle cose collegiali era il Molinari; il quale anche, nel suo zelo, non cessava di toccare il cuore, e la borsa, del suo benefattore per sempre nuovi bisogni. Il Conte infatti, nel gennaio del ‘38, mandava libri e una sacra pisside, promettendo presto un ostensorio e i paramenti sacri per le Benedizioni. Voleva pure che a lui si mandasse «in una tabelletta il nome di ciascuno sì dei convittori, che degli altri colle analoghe indicazioni dei loro diporti … anche per averne la serie di tutti gli anni a mia regola». Tutto fu inviato a puntino nella Pasqua di quell’anno e nel settembre, col resoconto finale dell’annata.

A Rosmini, ringraziandolo per tutto quanto si faceva, prometteva «nei limiti delle mie forze» di aiutarlo in ogni progetto riferentesi al perfezionamento dell’opera. Questo delle forze limitate era un ritornello che diveniva più frequente nei … fatti amministrativi col Conte, il quale davvero in quegli anni e poco dopo subiva alcune perdite. Intanto si ritirava, anzi prometteva e sperava del meglio. «Vorrei avere maggiori mezzi per secondare con più di efficacia i vostri disegni per il perfezionamento delle medesime (scuole). Col tempo e con l’aiuto del Signore si farà tutto, ne lo prego ogni giorno con quelle maggiori istanze che posso». (25 gennaio ‘38).

Il primo anno scolastico non finiva senza già qualche dolore. Fin dal febbraio il direttore spirituale, don Carlo Narchialli, doveva lasciare l’ufficio e il Collegio per recarsi in cura- a Milano. Veniva supplito da altri sacerdoti dell’Istituto; ma anche di ritorno dalla cura non poté che ritirarsi in Collegio; ove aggravandosi sempre più, morì l’anno seguente - 25 marzo ’39 - in concetto di santo, e ne fu pubblicata la vita. Pure in questo tempo, uno scolaro, certo De Giuli, beneficato dal Mellerio. veniva colpito, accidentalmente ma gravemente, a una gamba da un colpo di archibugio. Non poté più continuare le scuole.

 


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